Il nostro Precetto pasquale nel segno della resurrezione

La grande famiglia della Fondazione San Giovanni Battista ha celebrato il precetto Pasquale nella chiesa del Monastero di Santa Teresa di Gesù.

A concelebrare l’Eucarestia il vicario generale, monsignor Roberto Asta con Andrea Pomillo, assistente spirituale della Fondazione. Presente il diacono permanente Giovanni Agostini. “La grazia che chiediamo al Signore – ha ricordato padre Asta – è quella di essere coinvolti con amore nel servizio che siamo chiamati ad offrire ai nostri fratelli. Il nostro agire deve essere animato dall’amore, dalla capacità di offrire non tanto beni materiali, quanto sincera amicizia ed attenzione”.

Al termine della celebrazione, il presidente Renato Meli ha proposto la sua riflessione sul periodo pasquale.

“La Pasqua che ci accingiamo a vivere – ha ricordato –  dovrebbe essere un invito profondo al rinnovamento. In un mondo che vive d’angoscia, di soprusi, che corre veloce, questa ricorrenza porta con sé il messaggio universale della speranza che risorge. Dovrebbe essere un momento per fermarsi, riflettere e lasciarsi toccare dalla possibilità di un nuovo inizio, dentro di noi, nelle nostre relazioni, nella società.

In questo tempo in cui è facile cedere al cinismo o all’indifferenza, la Pasqua ci ricorda che la trasformazione è possibile. Ogni gesto di pace, ogni atto di perdono, ogni scelta di amore ha il potere di cambiare il mondo, cominciando da noi stessi.

Nel caos quotidiano, tra stress, delusioni e fratture interiori, la Pasqua ci invita a un passaggio, ad un attraversamento interiore, ad una trasformazione.

Non si tratta solo di credere nella Resurrezione di Cristo, ma di riconoscere la possibilità di risorgere noi stessi dalle nostre cadute, dalle ferite emotive, dalla stanchezza dell’anima. È l’occasione per fare spazio a qualcosa di nuovo, più autentico, più vero.

La Pasqua ci esorta al perdono, non come atto debole, ma come forza che rompe il ciclo dell’odio.

In un’epoca in cui il rancore si alimenta anche nei social e i conflitti sembrano moltiplicarsi, scegliere il perdono diventa un atto rivoluzionario.

Riconciliarsi con l’altro, ma anche con se stessi, è un cammino difficile ma liberante.

In questi tempi segnati da crisi globali, antropologiche, ambientali, politiche, economiche, la Pasqua può diventare una voce contro la rassegnazione. Il simbolo della pietra che rotola via dal sepolcro rappresenta una porta che si apre: l’idea che, anche quando tutto sembra finito, qualcosa può ancora nascere. È una chiamata all’impegno attivo per un mondo più giusto, più umano.

Infine, la Pasqua è un inno alla vita che vince sulla morte. Questo non è solo un concetto religioso, ma anche una prospettiva etica e culturale: dobbiamo imparare a custodire la vita, a rispettarla in tutte le sue forme umane, animali, naturali.

È un appello a vivere con gratitudine, con consapevolezza, con responsabilità.

Oltre al messaggio del nostro Vescovo per questa Quaresima che vi invito a leggere, se non l’avete già fatto, desidero riprendere quanto scrive Papa Francesco nella “Spes non confundit“:

“Non potranno mancare segni di speranza nei riguardi dei migranti, che abbandonano la loro terra alla ricerca di una vita migliore per sé stessi e per le loro famiglie. Le loro attese non siano vanificate da pregiudizi e chiusure…La comunità cristiana sia sempre pronta a difendere il diritto dei più deboli”.

E, come diceva don Tonino Bello, le stigmate lasciate dai chiodi nelle mani crocifisse, saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d’ora le luci di un mondo nuovo!

In questo senso, la Pasqua non sarà solo una ricorrenza del calendario, ma un’occasione per guardarsi dentro e intorno, e decidere, ogni volta, se e come vogliamo rinascere. Santa Pasqua a voi e ai vostri cari”.

Un momento di lieta convivialità ha concluso la serata. Grazie all’ospitalità di don Giuseppe Burrafato, ci siamo ritrovati nei saloni parrocchiali della Cattedrale di San Giovanni Battista per condividere un rinfresco e rompere un uovo di cioccolato condividendo così frammenti di dolcezza.

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