Un intenso concerto del maestro Rino Farruggio ha ripercorso le orme del grande uomo di origini siciliane, testimone del Vangelo
“Giorgio La Pira non ha conosciuto direttamente il fenomeno delle migrazioni come lo stiamo vivendo in questi anni, ma sono sicuro che se fosse ancora tra noi, i rifugiati sarebbero tra le persone alle quali lui volgerebbe le sue premure, rimanendo, come sempre, al fianco dei più deboli”.
Con queste parole Renato Meli, presidente della Fondazione San Giovanni Battista, ha presentato nel giardino del Vescovado la serata “Giorgio La Pira mi abita il futuro”. Un progetto musicale a cura del maestro sacerdote Rino Farruggio. Un’anteprima nazionale inserita all’interno delle manifestazioni per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato promosse dalla Fondazione. “Quella di Giorgio La Pira – aggiunge il presidente – è la storia di un sindaco, di un mistico, di un profeta, di un professore, di un francescano secolare. Ma la definizione migliore è senza dubbio quella che lui stesso ha dato di sé dicendo di volere essere ricordato come un ‘Testimone del Vangelo’. Ringrazio don Rino, a nome di tutta la Fondazione, per averci fatto dono di questa speciale occasione”.
“Guardiamo ad un uomo di Dio – afferma il vescovo monsignor Giuseppe La Placa – ad un profeta della pace. Lui era un uomo che in tutte le sue attività metteva innanzi la prospettiva del Vangelo. Oggi, attraverso il lavoro di don Rino Farruggio andiamo con il cuore e la memoria ad un uomo che deve esserci da ispirazione”.
Rino Farruggio, accompagnato dai maestri Mario Vicari, Mariano Perrella e Marcello Salvatori, fa originale memoria del venerabile La Pira interpretando canzoni e seguendo un copione a braccio. I momenti del recital approfondiscono e mettono in luce quanto la ricerca storica non pretende di far emergere: i riferimenti teologici, i tragitti spirituali, l’originalissima testimonianza dal valore testamentario di radicale profezia, la gratuità, il nascondimento”.
Fra i brani spicca una intensa “Migrantes” il cui testo riprende in lingua siciliana il distacco dalla propria terra verso un nuova vita. Impossibile non pensare ai migranti di oggi costretti ad un distacco altrettanto forte e doloroso dalla terra di origine. Il canto dialettale, assurge così ad un valore ancestrale, universale, per dare voce ai tanti che attraversano cieli, terre e mari in cerca di un futuro migliore.