“A good integraction”, cioè una buona integrazione. Questo il titolo di un percorso formativo che la Fondazione San Giovanni Battista ha lanciato da qualche settimana rivolgendosi al mondo della scuola. Obiettivo far conoscere agli studenti dell’Istituto “Gian Battista Vico” di Ragusa i percorsi di inclusione sociale promossi in questi anni dal sistema Sprar. “Il nostro – racconta Renato Meli, presidente della Fondazione San Giovanni Battista – è un progetto di educazione interculturale, un modo di vedere l’integrazione come l’incorporazione di una certa entità etnica in una società con l’esclusione di qualsiasi discriminazione razziale. Sentiamo, oggi più che mai, il bisogno di informare e riflettere intorno alle esperienze svolte dagli Sprar del territorio. Poche “buone azioni” per comprendere che non tutto quello che passa dai telegiornali nazionali rappresenti la sacrosanta verità”.
Dietro le polemiche, al l di là delle tante parole che la politica spende nel dibattito sul tema, ci sono gli operatori dell’accoglienza, i mediatori, gli educatori, gli insegnanti e gli assistenti sociali pronti a mettersi a disposizione per gli esseri umani, non solo immigrati, con l’obiettivo della valorizzazione delle diversità culturali sul territorio e cercando di eliminare ogni tipo di stereotipo e di pregiudizio.
“La scuola – prosegue Meli – riveste un ruolo importantissimo quale primo mediatore dell’inserimento sociale teso ad evitare la separazione su basi linguistiche, etniche, culturali e religiose attraverso l’insegnamento, diventando l’ambiente in cui si acquisiscono fondamentali valori che accompagneranno lo studente per tutta la vita”.
“La tematica dell’immigrazione – sottolinea Gregory Scolaro, mediatore del progetto Sprar Famiglia amica – ricopre un ruolo fondamentale nella nostra società e l’incontro con il “diverso” non si limita ormai solo a episodi sporadici. Il nostro paese si è trasformato, da paese di emigrazione a paese di immigrazione, e l’integrazione rappresenta un’opportunità di arricchimento, mirando all’inserimento dignitoso di chi vive nel territorio e partendo dal riavvicinamento della distanza sociale, per creare uno spazio che permetta di educare sia i giovani che gli adulti alla conoscenza e al rispetto della diversità. L’integrazione, con le opportunità che comporta, determina un cambiamento, diventando un modo per relazionarsi con persone diverse, con le quali dialogare e scambiare opinioni, aprendosi alla possibilità di una cultura diversa per raccontare se stessi ascoltando gli altri. Conoscere e informarsi per interagire con chi ci appare come il nemico da mettere al margine senza neanche volerlo conoscere”.